lunedì 5 novembre 2012

Estetismo e Autonomia dell'estetica


76Moreau-Salome&Erode

L'immagine qui sopra è tratta dal quadro "La danza di Salomè" di Gustave Moreau, pittore simbolista, molto apprezzato dagli scrittori decadenti, in particolare da J.K.Huysmans, il cui romanzo "A rebours" ("Controcorrente") si può considerare, assieme al Dorian Gray di Wilde e al Piacere di D'Annunzio, uno dei testi base dell'estetismo. Uno dei motti dell'estetismo era, ed è ancora: "l'arte per l'arte", cioè l'arte deve avere prima di tutto e principalmente un valore estetico.
Questo è in sintesi il principio, su cui si è discusso per tutto il XX secolo, di autonomia dell'arte o in senso più ampio l'autonomia dell'estetica.
Questo concetto fu sostenuto da Benedetto Croce nella sua Estetica.


Croce sosteneva che esistono quattro tipi di giudizio: 1) il giudizio filosofico-scientifico o di verità; 2) il giudizio etico o di bontà; 3) il giudizio economico o di utilità e infine, 4) il giudizio estetico, che riguarda categorie come "il bello" e "il sublime".
Ne conseguiva che, per Croce, era da considerare "artistico" solo ciò per cui il giudizio estetico risultava prevalente sugli altri.
Croce applicò questo criterio alla letteratura, e in particolare alla poesia, nel famoso saggio Poesia e non poesia, nel quale arrivò a sostenere che la maggior parte del "Paradiso" dantesco non era da considerare poesia in quanto l'aspetto teologico (e quindi legato al giudizio di verità) e quello etico (e quindi legato al giudizio di bontà) erano prevalenti rispetto al giudizio estetico.
Questa tesi è stata quasi "demolita" dopo la morte di Croce, in modo particolare da Luciano Anceschi, che
nel suo Autonomia ed eteronomia dell'arte sostenne la tesi opposta a quella di Croce e dell'estetismo.

  

Tra queste due posizioni estreme, che hanno dominato rispettivamente il dibattito estetico tra la prima e la seconda metà del XX secolo, ora si sta cercando di chiarire come si stabilisce che in una determinata opera o in un determinato oggetto, sia prevalente il giudizio estetico.
Facciamo un esempio concreto.
Prendiamo un tavolino Luigi XV in stile Rococò e chiediamoci se in questo oggetto è prevalente la bellezza o l'utilità, o per meglio dire la finalità estetica o la finalità pratica. A seconda di questo giudizio noi stabiliamo se considerarlo o meno un'opera d'arte.

Tavolo da muro napoletano 1760 -70 - Napoli,  Museo Nazionale di Capodimonte

In questo caso credo si possa rispondere dicendo che se si ha bisogno di un tavolino per finalità prevalentemente pratiche, non si compra un Luigi XV in stile rococò. Può bastare un tavolino dell'Ikea.
 Lo stesso discorso si può applicare all'abbigliamento: nel momento in cui scegliamo di indossare qualcosa prevale in noi il giudizio estetico o il giudizio pratico?
A seconda della risposta un determinato capo di abbigliamento può essere concepito come un oggetto utile e comodo, oppure un oggetto esteticamente rilevante. Un giudizio non esclude l'altro, ma credo si possa stabilire se la motivazione si basi prevalentemente sul giudizio pratico o su quello estetico.
Di questo si occupa il testo "Estetica degli oggetti" di cui ho parlato due giorni fa e su cui ci sarà ancora qualcosa da dire.