mercoledì 26 giugno 2013

L'Imperatore-Profeta di Gothian, capitolo 50. Lilieth convince Marvin a lasciare Gothian



L'Imperatrice Madre Lilieth Vorkidian fu ammessa alla Sacra Presenza di suo figlio, l'Imperatore-Profeta di Gothian, tre giorni dopo le sue nozze con la principessa Alice de Bors d'Alfarian, ora Consorte Imperiale.
Marvin appariva rilassato, ma Lilieth sapeva che era una maschera.



<<Madre, avete la faccia delle grandi occasioni. C'è forse qualcosa di particolare che volete dirmi?>>
Erano anni che Marvin non usava più la forma di cortesia, e Lilieth trovò la cosa fastidiosa:
<<Oh, smettila con quel "voi"! Parliamo normalmente, da madre a figlio>>
Il sorriso di Marvin si fece ironico:
<<Quando dici così, io so che devo preoccuparmi. Cosa stai architettando?>>
Lilieth non aveva alcuna voglia né di sorridere, né di perdere tempo in schermaglie ironiche.
<<Tu sei divenuto un immortale, figlio mio, ma tendi a dimenticare che chi ti sta intorno non lo è. Verrà un giorno in cui rimpiangerai di essere stato impaziente con tua madre>>
A quel punto Marvin si meravigliò:
<<Io prevedo per voi una lunga vita, perché fate questi discorsi che parlano di morte?>>
L'Imperatrice Madre sospirò:
<<Cos'è una lunga vita davanti all'eternità? Tu mi chiami quando hai bisogno e per il resto ti dimentichi della mia esistenza. Eppure io ho dedicato a te tutta la vita>>



<<Tu hai dedicato la vita a ciò che volevi che io fossi. Non è la stessa cosa>>
Quello era il classico tipo di risposta che feriva Lilieth come una pugnalata alla schiena, ma sapeva di dover andare fino in fondo, quella sera, perché c'era qualcosa di importante che andava fatto:
<<Io ho sempre e solo voluto che tu fossi felice>>
Marvin annuì:
<<Non lo metto in dubbio. In fondo non è quel che dice la maggioranza dei genitori? Vogliono che i loro figli siano felici. Come se la felicità esistesse sul serio su questa terra. Nessun genitore è veramente una persona felice, ma è onestamente convinto che suo figlio lo sarà>>
Lilieth lo fissò con aria dubbiosa:
<<Dove vuoi andare a parare? Perché so che c'è un "ma", dietro a tutto questo>>
L'Imperatore-Profeta sorrise di nuovo:
<<Certo! C'è un "ma" più grande di questo maledetto castello di Gothian! Segui il mio ragionamento, e perdona se per una volta userò parole forti. Perché si fanno i figli? Tutti dicono: è un atto d'amore, è un dono. Ma la vita non è poi quel dono così bello che amiamo credere, e nessuno lo sa meglio di un immortale. Perché facciamo figli, allora? Me lo sono chiesto anch'io. Anch'io sono padre di due figli, e la mia nuova consorte ne aspetta un terzo. Certo, ognuno di loro ha delle missioni da compiere, ma parliamo, per una volta, come se fossimo una famiglia normale. Me lo permetti?>>
La osservava dall'alto del suo trono, con un'espressione determinata.



Lilieth ne ebbe quasi paura:
<<Di' quello che devi dire>>
Marvin annuì:
<<Perché la gente vuole fare figli? 
Io mi sono fatto un'idea personale in proposito, non del tutto originale, forse, ma credo che ci sia un fondo di verità. 
Io credo che facciamo figli perché a un certo punto della nostra vita ci rendiamo conto che è andato tutto a rotoli. Facciamo un bilancio della nostra esistenza e vediamo che i conti non tornano. Troppe sconfitte e poche vittorie inutili. 
Nessuno dei nostri sogni si è realizzato.
E allora decidiamo di mettere al mondo qualcuno che li realizzerà.
Desideriamo per i nostri figli la felicità che noi non abbiamo avuto. 
Ci diciamo che loro ce la faranno, sicuramente, loro riusciranno ad arrivare dove noi non siamo arrivati. Ne siamo certi, siamo disposti a tutto per questo. E ci crediamo, ci crediamo fortemente! Salvo poi un giorno accorgerci che i nostri figli sono diventati degli sconosciuti. 
Non sono per niente simili a come noi ce li immaginavamo. Hanno realizzato ben poco di quello che ci aspettavamo. E in quel momento ci rendiamo conto di aver fallito un'altra volta. 
Non osiamo nemmeno incrociare lo sguardo di nostro figlio, perché se lo guardassimo, vedremmo qualcosa che assomiglia ad un rimprovero, e ad una domanda: perché mi hai messo al mondo? Perché mi hai fatto nascere, quando sapevi che il mondo è un posto così malvagio?
Mordred mi ha guardato così quando se n'è andato. Così come adesso io ti guardo. Con una domanda che è la domanda eterna: ne valeva la pena?>>
Lilieth inspirò profondamente.
In termini assoluti, generalizzando, le parole di suo figlio potevano anche avere un senso, ma nello specifico della sua storia e della sua vita esistevano delle motivazioni che andavano oltre.
C'era qualcosa che aveva a che fare con il destino e Marvin non poteva ignorarlo, proprio perché era un predestinato.
<<Tu conosci già la risposta. Sai come sono andate le cose. Ero l'ultima erede di Vorkidex Pendràgon, della stirpe degli Albany, che risaliva a prima del Grande Cataclisma. Era mio dovere evitare che quella stirpe si estinguesse. Quando seppi che lo straniero che ospitavamo era il principe imperiale Masrek Eclionner, capii che quello era il mio destino, secondo la Profezia. Dovevo concepire il Figlio di Cento Re, il Principe che ci era stato promesso. 
La mia felicità non è mai contata niente. La tua nascita era già stata decisa millenni prima, per la salvezza di tutti! Il Sentiero Dorato, Marvin! La sopravvivenza dell'umanità!
Forse è questa la domanda. Valeva la pena generare colui che avrebbe permesso all'umanità di sopravvivere? Meritava di sopravvivere, l'umanità?
Chi ero io per decidere di porre fine alla specie umana?
Non rinnego la mia scelta, non rimpiango niente di ciò che ho fatto, e sono felice di essere tua madre. Forse non te l'ho mai detto, ma io sono orgogliosa di te! Hai realizzato ben più di quanto io potessi immaginare. Hai dato un senso alla Profezia. 
Ora però non devi rovinare tutto! Da troppi anni non lasci le mura di Gothian! Sappiamo entrambi che il tuo soggiorno qui si è protratto troppo a lungo. Devi uscire! Devi lasciare il castello!>>



Marvin era combattuto.
Da un lato era commosso per la sincerità delle parole di sua madre, ma dall'altro era turbato dall'idea che la predestinazione e il senso del dovere lo avessero defraudato della libertà, o quantomeno della parvenza della libertà.
<<Devi, devi, devi! Il verbo "dovere" è quello che hai usato più spesso con me. Hai sempre incarnato alla perfezione il "principio di realtà", opponendoti al "principio del piacere">>
Lilieth annuì:
<<Non è forse questo uno dei compiti più importanti di un genitore? Il saper dire di no. L'insegnare ai figli che non possono vivere come vogliono, perché ci sono delle regole, ci sono delle necessità, ci sono dei limiti. Non possiamo lasciarci guidare soltanto dal desiderio. Ci sono dei momenti in cui il dovere viene prima del desiderio. Vorresti forse diventare schiavo dei tuoi desideri? A volte si desidera qualcosa per il solo motivo che non la si può avere. Tu vorresti essere liberato dal tuo destino. Vorresti isolarti dal mondo e vivere la tua storia di fate con la giovane Alice, senza pensare alle conseguenze. Ma il mondo ha ancora bisogno di te. 
E' necessario che l'Imperatore-Profeta esca dalla sua torre d'avorio e si mostri al suo popolo, per donargli il coraggio di affrontare i nemici che lo accerchiano da ogni parte!>>



Lo fissò con una fermezza che rinforzava le sue parole.
Lui si sentì improvvisamente vecchio.
<<E' una vita intera che combatto. Ho indicato la strada, il Sentiero Dorato. Ho dedicato tutto il mio tempo a preparare la mia gente a questo momento. Credevo che fossero pronti. Ero sicuro che fossero maturi, che fossero in grado, una volta tanto, di cavarsela da soli! La Profezia non si era spinta oltre. Credevo fosse giunto il momento di fermarmi, di dedicarmi finalmente a me stesso e alla donna che amo. Non voglio altre guerre, non voglio altri morti, altre distruzioni: voglio costruire, voglio amare, voglio coltivare un giardino, e piantare alberi, e vederli crescere...>>
La sua voce era divenuta un mormorio.
Lilieth si asciugò una lacrimas:
<<Credi forse che io abbia voglia di guerre? Io ho visto con i miei occhi la Primavera di Sangue! Non c'è nessuno a questo mondo che odi la guerra più di me. Ma non siamo stati noi a dichiarare questa guerra. Ci hanno aggrediti. Siamo assediati. Tu dici che non vedi niente... no, il fatto è che tu non vuoi vedere niente! La tua mente è stata ottenebrata dall'eredità degli Eclionner, che rappresenta il tuo lato oscuro. Per questo è necessario che qualcuno risvegli in te l'eredità dei Vorkidian, quella della Profezia! In nome di Belenos lo Splendente, Marvin, io ti scongiuro, torna in te, destati... apri gli occhi!>>



L'invocazione a Belenos, l'antico dio dei Celti, il dio della Luce e della fertilità, risvegliava sempre in Marvin lo spirito profetico.
Incominciò a parlare con voce atona, come se si stesse rivolgendo a se stesso:
<<So che c'è una strada sola. Un unico sentiero. L'ho chiamato il Sentiero Dorato, non è un bel nome? 
Ma io sono anche il discendente di Eclion l'Oscuro. Lui è parte di me, e continua realmente a nascondermi la Profezia. Io cammino, da solo, nel buio. 
So che che non c'è alternativa alla strada che ho imboccato, ma non riesco a vedere dove porta. Non so più a cosa credere, non so più se credere. 
Fuori da queste mura, io non vedo niente. Dimmi tu, madre, visto che sembri tanto sicura del fatto tuo, dimmelo tu... cosa vedi? Cosa c'è la fuori? Cosa ci riserva il futuro?>>
Lilieth sollevò un calice di vino.



<<Vedo fragole e ciliege, e il bacio di un angelo nella primavera. Il mio vino d'estate è fatto veramente di tutte queste cose. Togli di mezzo tutti i tuoi ornamenti d'argento e aiutami a passare il tempo! Io ti darò il mio vino d'estate... oh, se tu sapessi com'è buono, il mio vino d'estate>>
Era un linguaggio cifrato per dirgli che doveva andare a sud. Era laggiù che maturavano fragole e ciliegie, e che si beveva il primo vino d'estate. Era il 24 giugno, la notte di San Giovanni, la notte in cui le vecchie raccoglievano l'iperico, e poi lo facevano essiccare al sole, e ne ricavavano una pozione contro il male di vivere.
Marvin riconobbe i versi di una canzone che amava. Versi scritti secoli prima del Grande Cataclisma.
<<Strawberry cherries and and an angel's kiss in spring / my summer wine is really made from all these sings... diceva così, vero, la canzone>>
Improvvisamente le Altre Memorie di Marvin si attivarono e tutto gli fu chiaro.
<<La famiglia Stoker! Alice de Bors ha lo stesso volto di una donna che si chiamava India Stoker e che sposò il duca di Albany... prima del Grande Cataclisma... noi discendiamo da loro... loro sapevano... loro avevano previsto tutto... ma tu come facevi a saperlo?>>



<<E' quel calice di vino, Marvin. Gli avevi messo un po' di essenza di spezia, non è vero? Solo che tu sei talmente assuefatto che non ti accorgi di nulla. Ma io... be', io posso ancora vedere... lasciati di guidare da me... io posso vedere la Profezia...>>
Improvvisamente Marvin si sentì prigioniero di un disegno ancora più complesso di quello che aveva sempre creduto.
Si alzò e si avvicinò alla finestra, guardando le terre desolate che circondavano il castello di Gothian.
Parlò come se stesse derscrivendo un sogno:
<<Camminavo in una città, con speroni d'argento che tintinnavano, che suonavano una canzone che avevo canticchiato soltanto poche volte. Lei vide i miei speroni d'argento e mi disse: "fa' passare ancora un po' di tempo", Ed io le porsi il mio vino d'estate.... oh, il mio vino d'estate...>>
Non erano ricordi suoi.
Erano fatti accaduti migliaia di anni prima, in un tempo precedente al Grande Cataclisma, quando c'erano ancora sulla terra i Grandi Anziani.
<<Ciò di cui parli accadde a Robert Oakwood, duca di Albany, nell'estate in cui conobbe India Stoker, ed entrambi guardarono al di là del Varco che mostrava loro quello che doveva accadere. Concentrati ora... cos'altro ricordi?>>
Marvin chiuse gli occhi:
<<I miei occhi divennero pesanti e le mie labbra non riuscivano a parlare. Io tentavo di alzarmi, ma era come se non riuscissi a trovare i miei piedi. Lei mi sostenne e mi indicò una via che non conoscevo>>
Sorrise e canticchiò la musica di quella canzone, ripensandone le parole.
My eyes grew heavy and my lips they could not speak.... I tried to get up, but I coudn't find my feet... she reassured me with an unfamiliar line... and then she gave to me more summer vine...
Nell'ascoltare quelle note, anche Lilieth sorrise... sentiva di aver risvegliato qualcosa di importante in suo figlio... di averlo ridonato alla vita!
Ora la sua missione era veramente compiuta.



<<Porta tua moglie con te, Marvin. Andate a sud, verso l'estate. Io mi occuperò di Mordred e della donna vampiro>>
Marvin riaprì gli occhi:
<<Madre, non puoi rimanere qui. E' troppo pericoloso...>>
Lilieth sapeva che forse era l'ultima volta che vedeva suo figlio, l'ultima prima di andare incontro al proprio destino:
<<Lascia che io compia il mio dovere fino alla fine. Tu vai verso sud, porta Alice verso il caldo, portala a vedere l'estate...>>
Dovette trattenere le lacrime, perché era troppo doloroso pensare a ciò che non avrebbe visto mai più, se non come riflesso della vita di coloro che le sarebbero sopravvissuti.
Marvin la abbracciò e la strinse forte:
<<Io ti amo troppo per lasciarti qui, non posso lasciarti qui!>>
Lilieth prese suo figlio per le spalle:
<<Amare vuol dire anche lasciar andare le persone, quando è il loro momento. Amare vuol dire anche trovare la forza di dirsi addio>>





Cast

Claire Forlani - Lilieth Vorkidian
Jonathan Rhys Meyers - Marvin Eclionner Vorkidian
Catelyn Stark - Lilieth Vorkidian
Alice Krige - Lilieth Vorkidian
Joely Richardson - Lilieth Vorkidian
Mia Wasikowska - Alice de Bors
Mia Wasikowska - India Stoker
Elizabeth Bathory - Lilieth Vorkidian