domenica 11 giugno 2017

Il falso liberalismo dei tecnocrati dell'elite globalista

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Anche i liberali non sono più quelli di una volta.
C'è stato un tempo, precedente alla grande crisi economico-finanziaria iniziata nel 2008 con lo scoppio della bolla speculativa dei mutui subprime e acutizzatasi nel 2011 con la crisi dei debiti sovrani europei, in cui i liberali conservavano ancora una buona parte di quelli che erano stati i pilastri dei loro programmi tradizionali: la difesa e la valorizzazione della proprietà privata, sia mobiliare che immobiliare, sia grande che piccola; il contenimento delle tasse, comprese quelle sugli immobili e sul patrimonio, specie nei confronti del ceto medio risparmiatore; la tutela della piccola impresa; la contrarietà nei confronti degli eccessi della burocrazia e dell'abuso di potere da parte della magistratura; la semplificazione legislativa e la certezza del diritto; la sicurezza dei cittadini e l'ordine pubblico; il decoro urbano; la laicità contro ogni invadenza religiosa nella sfera pubblica; la difesa dei confini nazionali e un certo sentimento patriottico; la coniugazione dei diritti civili con le identità culturali nazionali; una tendenza al "buon senso" contrapposto alla rigidità ideologica.
Cosa resta di tutto questo?
La risposta è drammatica: di tutto questo non resta più niente.
Quelli che oggi si fanno chiamare "liberali" si preoccupano soltanto degli interessi delle banche e delle grandi corporations e riducono sul lastrico il ceto medio per mezzo di pesanti tasse patrimoniali, in particolare sugli immobili, il cui valore è precipitato . La crisi del mercato immobiliare, in Italia prosegue dal 2011 e si tratta di una crisi che si vuole mantenere per un disegno politico internazionale che vuole che sugli immobili investano non le persone fisiche ma i fondi speculativi. La proprietà della casa viene anzi vista come un deterrente alla mobilità del lavoro e quindi al dogma della flessibilità.
La stessa famiglia è considerata un elemento di ostacolo alla flessibilità di una forza lavoro che deve essere sempre più precaria e mobile. Il crollo delle nascite, dovuto anche a queste politiche di austerity punitiva e di tassazione opprimente, viene compensato con una politica di sostituzione etnica pianificata dall'alto, favorendo flussi migratori indiscriminati difficilmente integrabili e fonte di insicurezza, degrado urbano, criminalità e terrorismo.
Chi, dall'alto dei suoi palazzi e nelle sue ville all'estero, nega tutto questo tacciando di razzismo coloro che fanno notare i rischi dell'eccesso migratorio, non solo non conosce la vita quotidiana dei comuni mortali, ma è anche in malafede, dal momento che l'immigrazione costituisce l' "esercito industriale di riserva" dei grandi capitalisti che vogliono abbassare il costo del lavoro e quindi i salari.
I sedicenti "liberali" di oggi non comprendono la contraddizione tra l'immigrazione islamica (con conseguente islamizzazione delle società occidentali) e i diritti civili, specie quelli delle donne e della comunità Lgbt, che anzi si schiera apertamente a favore dell'Islam "religione di pace" e dell' "accoglienza" indiscriminata di tutta l'Africa e il Medio Oriente in Italia.
I partiti liberaldemocratici, specialmente quelli europei, sono capaci soltanto di sfornare rampanti tecnocrati che idolatrano la burocrazia di Bruxelles e le istituzioni pachidermiche che governano l'Eurozona.
In Italia poi c'è una venerazione reverenziale della magistratura e delle manette facili, ma solo per gli Italiani, mentre si considera giusto e umanitario scarcerare immediatamente gli stranieri che commettono furti, rapine e violenze.
Il buon senso è il grande assente.
Un esempio eclatante è l'imposizione delle sanzioni alla Russia, che hanno danneggiato gravemente l'economia di molti paesi europei, e l'Italia in particolare.
La russofobia degli pseudoliberali odierni non ha niente a che vedere con l'opposizione di un tempo all'Unione Sovietica, anche perché il sistema sovietico sembra molto più simile a quello dell'Unione Europea che a quello della Federazione Russa.
Ad aggravare la situazione c'è il fatto che alcuni punti programmatici del liberalismo borghese tradizionale sono stati fagocitati ed esasperati dalle forze populiste che ormai sono le uniche ad opporsi alla "Trimurti globalista finanziaria" dell'asse liberali-socialdemocratici-popolari (democristiani/conservatori).
Ma il liberalismo, anche in chiave populista, non è più lo stesso: diventa un azzardo velleitario di sognatori folli che vorrebbero portare le aliquote dell'irpef al 15% per tutti: un'assurdità che eccede nella detassazione laddove gli ex-liberali eccedono nella pressione fiscale.
La verità è drammatica.
A ben vedere, i liberali borghesi tradizionali, su cui poteva contare il ceto medio risparmiatore e su cui facevano affidamento i piccoli proprietari e i piccoli imprenditori, non esiste più.

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