giovedì 15 giugno 2017

Situazione nella Siria centrale

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Esercito siriano avanza oggi di Km e espugna 15 villaggi detenuti Isis nella provincia di Raqqa (in blu le conquiste odierne )
Prima di convergere a Est per attaccare Suknha e quindi Deyr al zour, necessita liberare l'ultimo pacchetto di territorio Isis tra Aleppo e Hama provincia. 
Dopo di che come vedrete, da 3 direzioni si concentrerà lo sforzo per salvare la città assediata da anni.






Il Corridoio Sciita dall'Iran al Mediterraneo è diventato realtà: Siria e Iraq hanno collegato i loro confini aggirando gli jihadisti sunniti e sbaragliando l'Isis




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    Controlled by the Syrian opposition    Controlled by the Ba'athist Syrian government    Controlled by the Iraqi government    Controlled by the Lebanese Government    Controlled by Hezbollah    Controlled by the Islamic State of Iraq and the Levant (ISIL, ISIS, IS, Daesh)    Controlled by Tahrir al-Sham (HTS)    Controlled by the Rojava (Syrian Democratic Forces)    Controlled by Iraqi Kurdistan    Controlled by the Turkish Army and Euphrates Shield rebel forces    Disputed territory

In un articolo dell’ultima edizione del The New Yorker si scrive che “per la prima volta dall’inizio della guerra in Siria, i combattenti appoggiati dall’Iran sono riusciti a conquistare un percorso diretto tra le frontiere iraniane e la costa del Mediterraneo”, ha indicato il settimanale.  Si tratta di un collegamento diretto che mette in comunicazione la frontiera iraniana con il Mar Mediterraneo.

Secondo la pubblicazione, questo grande privilegio corrisponde alla recente avanzata delle forze alleate dell’Iran tanto sul terreno iracheno come sul territorio siriano che hanno sbaragliato i gruppi terroristi come l’ISIS. Il grande obiettivo della corsa ad est delle forze siriane era il controllo del confine iracheno.

Alla luce di questi sviluppi, si comprende meglio quale sia stata la tattica del comando siriano-russo-iraniano : bloccare le truppe dei fantocci filo-statunitensi dell’ESL in combattimenti secondari, vicino al confine con la Giordania, per aggirarli più ad est verso il confine iracheno. Gli statunitensi a quanto pare non se ne erano accorti.
La rapida avanzata delle forze siriane ed alleate ha aggirato le due basi degli USA e ha neutralizzato completamente i fantocci degli Stati Uniti, a quanto pare con la presenza di forze speciali russe per scoraggiare bombardamenti accidentali.

La conquista del confine Iracheno-siriano rende possibile il collegamento con le unità di Mobilitazione Popolari sciite, le forze che hanno sbargliato il Daesh dalla parte irachena, a Mosul e dintorni. La probabile mente strategica che ha diretto le operazioni è stata quella del generale iraniano Soleimani, ricomparso non a caso fra le sue truppe, una volta avvenuta la conquista del confine.


Forze sciite sul confine Iraq-Siria
La rete di strade che inizia dalla frontiera iraniana con l’Iraq e percorre tutto il paese fino alla Siria, è stata assicurata la scorsa settimana quando i combattenti sciiti pro iraniani hanno catturato l’ultima serie di vallate irachene vicine alla frontiera siriana”, spiega la pubblicazione The New Yorker.
Citando Fabrice Balanche, dell’Istituto Washington per la politica del Medio Oriente, l’articolo mette in risalto che “è un percorso iraniano” e aggiunge che gli iraniani possono andare dalla frontiera irachena fino al Mediterraneo.




Dopo aver sottolineato la cruciale importanza di questo grande vantaggio strategico, segnala che la rotta terrestre unisce tutti gli alleati dell’asse della Resitenza nella zona, ovvero Hezbollah, il Governo di Damasco e il Governo di Baghdad.

In relazione a questo, si fa conoscere il grande scontento delle autorità della regione semiautonoma del Kurdistan iracheno, i quali richiedono aiuto al presidente statunitense, Donald Trump, di fronte a questa situazione.

Rimane il fatto, riconosciuto da tutti gli osservatori, che i governi di Damasco e di Baghdad, alleati contro i gruppi terorristi, sono stati gli unici a combattere sul terreno i terroristi mentre altri (gli USA e Israele) facevano il “doppio gioco”. La sconfitta dei terroristi takfiri va a beneficio dei loro popoli, della sicurezza e della pace nella regione, con il contributo essenziale dato dall’Iran e dalla Russia ed dai loro alleati in Siria ed in Iraq.

Fonte: Hispan Tv


Traduzione e sintesi: Luciano Lago – Controinformazione





Il cambiamento più importante degli ultimi giorni sono le forze governative siriane che da sud-est avanzano al confine iracheno. Il piano originale era liberare al-Tanaf a sud-ovest per assicurarsi alla frontiera l’autostrada Damasco-Baghdad. Ma al-Tanaf era occupata da invasori statunitensi, inglesi e norvegesi e dai loro ascari. I loro aerei attaccarono i convogli siriani in avvicinamento. Il piano statunitense era passare da al-Tanaf a nord del fiume Eufrate, per catturare e controllare tutto il sud-est della Siria. Ma Siria ed alleati hanno compiuto una mossa inattesa impedendo tale piano. Gli invasori furono esclusi dall’Eufrate dall’avanzata siriana da ovest ad est, al confine iracheno. Elementi iracheni delle Unità Militari Popolari del governo iracheno si muovono incontrando le forze siriane al confine. Gli invasori statunitensi sono ora in mezzo al deserto piuttosto inutile di al-Tanaf, dove la sola opzione è di morire di noia o tornare in Giordania, da dove sono venuti. L’esercito russo chiariva nettamente che sarebbe intervenuto se gli Stati Uniti attaccavano le linee siriane avanzando verso nord. Stati Uniti ed alleati non hanno alcun mandato in Siria innanzitutto. Non c’è alcuna giustificazione per attaccare le unità siriane. L’unica opzione è ritirarsi. La mossa degli Stati Uniti su al-Tanaf fu coperta dall’attacco dei fantocci statunitensi nel sud-ovest della Siria. Un grosso gruppo di “ribelli”, comprendente al-Qaida e rifornito dalla Giordania, avanzava su Dara controllata dal governo siriano. Si sperava che l’attacco deviasse le forze siriane dall’avanzata verso est. Ma nonostante l’uso di attaccanti suicidi, l’assalto su Dara falliva davanti le forti difese delle forze siriane. Non suscitava la voluta deviazione. Le postazioni siriane a Dara furono rafforzate da unità provenienti da Damasco che ora attaccano i terroristi filo-statunitensi. Si avevano significativi progressi nei sobborghi meridionali di Dara e l’attacco dell’Esercito arabo siriano probabilmente continuerà fino al confine giordano.

I piani statunitensi in Siria meridionale, occidentale e orientale, sono ormai falliti. A meno che l’amministrazione Trump non sia disposta ad inviare altre forze avviando apertamente e illegittimamente la guerra al governo siriano e agli alleati, la situazione è contenuta. Le forze siriane liberano il territorio a sud, attualmente occupato dagli ascari statunitensi e da altri gruppi terroristici. A nord-ovest i gruppi taqfiri si concentrano attorno Idlib e a nord. Tali gruppi sono sponsorizzati da sauditi, qatarioti e turchi. La recente disputa tra Qatar e altri Stati del Golfo ha gettato nel caos Idlib. Gruppi sponsorizzati dai sauditi ora combattono i gruppi sponsorizzati da turchi e qatarioti. Tali conflitti coprono l’animosità tra al-Qaida e Ahrar al-Sham. Le forze governative siriane circondano la provincia e la Turchia nel nord ha chiuso il confine. I taqfiri ad Idlib si cucineranno nel loro brodo finché non saranno completamente esauriti. Infine le forze governative avanzeranno distruggendo ciò che ne resterà.
Al centro della mappa le frecce dell’Esercito arabo siriano (rosso) puntano verso le aree desertiche detenute dallo SIIL che si ritira ad est (frecce nere). Muovendosi contemporaneamente da nord, ovest e sud, le forze governative siriane avanzano rapidamente per diversi chilometri ogni giorno. Nell’ultimo mese sono stati liberati 4000 kmq e oltre 100 insediamenti e città. In poche settimane avranno liberato tutte le aree (marrone) dello SIIL fino all’Eufrate e al confine siriano-iracheno. Mezzi gittaponte russi arrivano in Siria, necessari ad attraversare l’Eufrate e a liberare le aree a nord. Nel frattempo gli Stati Uniti sostengono le forze curde (frecce gialle) che attaccano Raqqa.
Il comando russo sostiene che curdi e Stati Uniti si sono accordati con lo SIIL per farne uscire i combattenti da Raqqa verso sud ed est. La rapida avanzata dei curdi verso la città conferma l’affermazione. Sembra che non ci sia resistenza dallo Stato islamico. Tutte le forze dello SIIL rimaste in Siria, provenienti da Raqqa e dalle aree desertiche, avanzano verso l’Eufrate e Dayr al-Zur. Vi sono più di 100000 civili filo-governativi e una guarnigione siriana da tempo circondati dallo SIIL. Gli assediati vengono riforniti via aerea. La guarnigione siriana ha respinto a lungo gli attacchi dello SIIL. Ma con migliaia di nuove forze dello Stato islamico che puntano sulla città, le truppe governative rischiano di essere sopraffatte. I rinforzi vanno inviati in città per respingere lo SIIL e impedire un grande massacro. L’alternativa migliore è per via terra. Ma l’Esercito arabo siriano è stato rallentato dai fantocci degli Stati Uniti a sud. Si prepara una nuova grande avanzata delle forze governative verso Dayr al-Zur. Si può solo sperare che arrivi in tempo.
Gli ascari di Qatar, Arabia Saudita e Turchia, diretti dalla CIA, hanno condotto una guerra lunga sei anni contro la Siria e il suo popolo. Con Qatar e Turchia ora opposti a sauditi e alleati statunitensi, la banda che attaccava la Siria sbanda. Lo Stato islamico viene velocemente ridotto e sconfitto. Il tentativo statunitense di avanzare a sud è stato sventato. A meno che gli Stati Uniti non cambino e attacchino massicciamente la Siria con il proprio esercito, la guerra contro la Siria è finita. Molte aree vanno ancora liberate. Gli attentati nel Paese continueranno per diversi anni. Le ferite richiederanno decenni per guarire. Negoziati dovranno tenersi sulle aree del nord controllate da Turchia e Stati Uniti. Dovranno essere raggiunti ulteriori sistemazioni, ma la guerra su larga scala contro la Siria è finita. Nessuno ha vinto nulla. I curdi, che per ora sembravano i soli vincitori, hanno appena gettato via le loro vittorie. Le forze curde delle YPG hanno commesso l’errore di chiedere apertamente sostegno all’Arabia Saudita. Gli anarco-marxisti delle YPG, che mostrano sempre con orgoglio il loro femminismo, si avvicinano all’improvviso ai mezzani wahhabiti medievali, rovinandosi l’immagine di forza progressista di sinistra. Tale mossa rafforzerà opposizione e ostilità da Turchia, Siria, Iraq e Iran. Tutti i progressi politici ottenuti in guerra mantenendo una stretta neutralità tra “ribelli” e governo siriano, sono ora in pericolo. La mossa è una follia. La zona curda è completamente circondata da forze più o meno ostili. Il sostegno statunitense o saudita all’enclave curda chiusa e circondata non è sostenibile alla lunga. I curdi hanno quindi dimostrato di essere i peggiori nemici del tentativo di avere uno Stato curdo (semi)sovrano. Saranno ricacciati nelle loro aree di origine, rientrando nello Stato siriano.Il segretario alla Difesa Mattis è stato interrogato al Congresso sulla situazione in Siria. Non c’è ancora una trascrizione, ma alcuni tweet di una giornalista di Stars&Stripes che vi partecipava:
Tara Copp @TaraCopp – 3:11 – 13 giugno 2017
#SecDef Mattis dice che le forze “governative” passate nel sud della Siria vicino alla base di al-Tanaf sono in realtà russe.
#SecDef Mattis: “Non prevedevo che i russi sarebbero andati lì (vicino ad al-Tanaf)… non è una sorpresa per la nostra intelligence“.
Gli Stati Uniti avevano affermato che il governo siriano aveva schierato le forze verso al-Tanaf erano “sostenute dall’Iran” o “guidate dall’Iran”. Ora il Segretario della Difesa dice che era una menzogna. Erano russi alleati del governo siriano. I russi certamente non prendono ordini dai generali iraniani. Non c’è da meravigliarsi che il comando russo abbia emesso netti avvertimenti contro qualsiasi attacco a queste forze. Mattis svela anche l’incapacità di un pensiero strategico. Credeva veramente che i russi non si recassero ad al-Tanaf per coprire i compagni siriani? Era chiaro da mesi che i russi sono dappertutto in Siria. Non lasceranno cadere il governo siriano per compiacere Mattis o Trump o qualcun altro. Il problema strategico per loro è chiaro, e lo è da un pezzo. Lottano, e l’hanno detto. Ed è assolutamente stupido credere qualsiasi altra cosa. Al-Tanaf è una questione tattica, ma le forze statunitensi ne fanno una strategica. Non è giustificabile. Ci si deve chiedere nuovamente quali siano i possibili vantaggi per gli Stati Uniti nel difendere quel posto nel deserto. Null’altro se non il “principio” di poter evidentemente iniziarvi una guerra molto più grande. “La guarnigione di al-Tanaf è circondata da forze ostili. Le forze statunitensi nella zona dovrebbero combattere contro le linee siriane per arrivare ad al-Buqamal, rischiando un’ulteriore l’escalation. E adesso? Gli Stati Uniti sono disposti a proteggere queste forze in perpetuo? Daranno copertura aerea alle forze che si scontrano direttamente con le forze alleate dei siriani al di fuori della zona di 55 chilometri? I precedenti tre attacchi hanno richiesto un’azione di contrasto che ha minato gli interessi statunitensi? Purtroppo la risposta all’ultima domanda è sì… La strategia dovrebbe guidare la tattica quando si tratta di affrontare gli iraniani in Siria, e non il contrario… Gli Stati Uniti possono difendere una guarnigione nel deserto siriano. Tuttavia, le ragioni per farlo sono prive di scopo, facendo una semplice analisi dei costi, è impossibile”. Questa intuizione non è ancora arrivata al dipartimento della Difesa e al comando sul campo statunitensi. Il comandante statunitense locale ha inviato un sistema di artiglieria a lungo raggio HIMARS dalla Giordania ad al-Tanaf. HIMARS ha una gittata di 300 chilometri. Non pesa nella prospettiva tattica se il tiro provenga dalla Giordania o da al-Tanaf, 12 chilometri in Siria. È una mossa simbolica per “mostrare bandiera” ad al-Tanaf ma espone il sistema ad un legittimo attacco dalle forze siriane, russe e iraniane. Come il segretario di Stato Tillerson ha giustamente affermato: gli Stati Uniti non hanno alcuna autorità legale per attaccare le forze siriane, iraniane o russe. Proprio nessuna. Invadere la Siria non ha legittimità. La Siria, invece, ha l’autorità legale per scacciare le truppe statunitensi. Spostare l’HIMARS ad al-Tanaf è una grandissima idiozia. È giunto il momento per Washington di finirla con tali sciocchezze.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Fonte: https://aurorasito.wordpress.com/2017/06/15/siria-inizio-della-fine-della-guerra/

Kundalini

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Kundalini (adattamento di Kuṇḍalinīdevanagariकुण्डलिनी) è un termine della lingua sanscrita adoperato originariamente in alcuni testi delle tradizioni tantriche per indicare quell'aspetto della Śakti ( l'energia divina che si ritiene risiedere in forma quiescente in ogni individuo.[1] ) presente nel corpo umano, Il concetto di kundalini è stato ultimamente reso oggetto di interesse sia nella comunità medica, sia nei movimenti New Age.

Disegno schematico che rappresenta i chakra e la Kundalini quiescente nel corpo umano

Origine del termine e contesti d'uso

Sebbene la nozione di un corrispettivo dell'energia divina nel corpo umano e delle pratiche relative per gestirla si trovi già espressa e discussa in alcuni testi del corpus dei Bhairava Tantra, quali ad esempio il Netra Tantra, il Kubjikāmata Tantra e il Vijñānabhairava Tantra[2], sembra che la prima menzione del termine compaia nel Tantrasadbhāva, altro testo del medesimo corpus, risalente all'VIII secolo circa.[3]
Il passo è citato dal filosofo kashmiro Kṣemarāja (X-XI sec.) nel suo commento agli Śivasūtra:
« Questa potenza è chiamata suprema, sottile, trascende ogni norma di comportamento. Avvolta intorno al punto luminoso (bindu) del cuore, all'interno giace nel sonno, o Beata, in forma di serpente addormentato e non ha coscienza di nulla, o Umā. Questa Dea, dopo aver immesso nel grembo i quattordici mondi insieme con la luna il sole i pianeti, cade in uno stato di obnubilamento come di chi è offuscato dal veleno. È risvegliata dalla suprema risonanza naturale di conoscenza, [nel momento in cui] è scossa, o Eccellente, da quel bindu che sta nel suo grembo. Si produce infatti uno scuotimento nel corpo della Potenza con un impetuoso moto a spirale. Dalla penetrazione nascono per prima i punti splendenti di energia. Una volta levata Essa è la Forza (kalā) sottile, Kuṇḍalinī. »
(Tantrasadbhāva, f.11b linea 4 – f.12b linea3; citato in Kṣemarāja, Śivasūtravimarśinī, commento a II.3; in VasuguptaGli aforismi di Śiva, con il commento di Kṣemarāja, a cura e traduzione di Raffaele Torella, Mimesis, 1999, p. 90.)
Bhairava tantra sono un insieme di opere, 64 per l'esattezza, che la tradizione vuole rivelate dal Dio Śiva nel suo aspetto Bhairava. Questi testi espongono una dottrina monista (ā-dvaita, "non-dualista"), cioè una visione metafisico-religiosa nella quale ogni aspetto nel cosmo, individui compresi, sono una manifestazione, un'espansione dell'Assoluto, Śiva. Molti di questi testi non ci sono pervenuti, ma ne abbiamo menzioni e citazioni sia in quelli attualmente conosciuti sia nei numerosi commenti che ne sono seguiti.
Occorre qui ricordare che la concezione di una relazione fra l'umano e il divino non è certo una prerogativa delle tradizioni in oggetto, tradizioni essenzialmente tantriche, ma risale, nella letteratura, a un'epoca antecedente, quella del brahmanesimo. Nella Chāndogya Upaniṣad (IX-VII secolo a.C.), ma anche in altre Upaniṣad, troviamo già espresso il concetto dell'identità fra l'essenza individuale e quella divina, fra ātman e brahman: «Quello sei tu».
I testi del Bhairava tantra costituiscono il corpus canonico di opere sacre cui fanno riferimento alcune tradizioni religiose popolari per lo più sorte nella regione indiana del Kashmir, e confluite poi in quel sistema esegetico etichettato come Shivaismo del Kashmir. Queste tradizioni e scuole sostengono l'identità fra gli individui, l'universo e Dio, che, come già detto, è qui identificato con Śiva[4] o una sua ipostasi (come Bhairava, per esempio):
Śiva è qui considerato causa materiale ed efficiente dell'universo, e il suo riflesso nel mondo è Śakti, l'energia divina che gli esseri e le cose nel mondo sperimentano come causa di ogni trasformazione. Sostantivo femminile, śakti è termine il cui significato è proprio "energia", "forza", e indica generalmente il potere, o l'insieme dei poteri di un dio (deva), quelli che agiscono nel mondo fenomenico e sono la causa di ogni trasformazione, creazione e distruzione. Nella mitologia, questa śakti è spesso personificata come dea (devi) e variamente denominata, oggetto di culto nelle correnti devozionali. Come Pārvatī, la "Figlia della montagna", per esempio, raffigurata come sposa di Śiva; o come Kālī, "Colei che domina il tempo".
Da questo punto di vista, Kuṇḍalinī non è che uno dei nomi della śakti, della Dea cioè: uno degli aspetti, in ultima analisi, di Dio. Così, prima di entrare nel dettaglio delle pratiche, si rivolge alla Dea Kuṇḍalinī il filosofo kashmiro Abhinavagupta (X-XI sec.), sistematore di queste tradizioni:
« O visione d'ambrosia immortale e suprema che splendi di luce cosciente scorrendo dalla Realtà assoluta, sii il mio rifugio. Grazie a essa ti adorano coloro che conoscono il mistico arcano. »
(Abhinavagupta, Tantrāloka, XXVI.63; citato in Silburn 1997, p. 277.)
Il passo dal Tantrasadbhāva sopra citato procede lasciando intendere che il nome Kuṇḍalinī derivi da kuṇḍalī, generalmente tradotto con "ricurva"[5], o anche con "attorcigliata"[6]:
« Scossa dal bindu, l'immortale Ricurva (Kuṇḍalī) si drizza in una linea; essa è conosciuta allora come Diritta (Rekhinī). »
(Op. cit.)
Il nome deriverebbe quindi dallo stato in cui normalmente si trova questa energia; "dormiente", "addormentata", "quiescente", "inattiva", "sopita", "inconscia": sono questi i termini che generalmente si trovano in letteratura per riferirsi alla kuṇḍalinī di cui non si è ancora preso coscienza tramite una delle pratiche canoniche. Il riferimento al serpente come immagine simbolica della kuṇḍalinī rende bene l'idea di qualcosa che normalmente è in stato di riposo, arrotolato su sé stesso come spesso il serpente giace fintanto che non venga stimolato o non si muova in cerca di cibo.

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Il corpo yogico, o corpo sottile


Illustrazione del XIX secolo raffigurante nel corpo fisico un complesso costituito da tredici cakra del corpo yogico, le tredici tappe del percorso yogico di Kuṇḍalinī verso Śiva. È altresì rappresentata Kuṇḍalinī stessa in forma di serpente bianco arrotolato attorno alla vita.
Il seguace di queste tradizioni, che come si è detto sono spiccatamente tantriche, il tāntrika, ovvero l'adepto che guidato dal suo guru segue un percorso spirituale vòlto al conseguimento della liberazione (mokṣa) dal ciclo delle rinascite (saṃsāra), è ritenuto possedere una struttura complessa che convive col corpo fisico. Si tratta di un corpo immateriale, una struttura somatica inaccessibile ai sensi che l'adepto crea immaginandola e visualizzandola attraverso una serie di pratiche complesse.[7] Nella letteratura critica moderna a questo corpo è stato dato il nome di "corpo sottile"[8], per distinguerlo dal corpo fisico, che per contrasto è spesso detto "grossolano". Il termine non è soltanto adoperato per le dottrine in oggetto, ma lo si usa anche per rendere concetti simili pertinenti ad altre tradizioni, sia religiose che non, come quelle esotericheAndré Padoux, indologo francese esperto di tantrismo, fa però notare che questo termine, "corpo sottile", è improprio, perché è la traduzione letterale di sukṣmaśarīra, che si riferisce invece al corpo trasmigrante: il "corpo sottile" è quello che sopravvivendo alla morte è destinato a reincarnarsi (se non c'è stata liberazione). Padoux utilizza pertanto il termine "corpo yogico". Similmente, Gavin Flood utilizza il termine "corpo tantrico". David Gordon White usa anche il termine "corpo alchemico".
« Vivere, esistere consapevolmente come tāntrika, è vivere in un universo che si avverte penetrato dall'energia divina, un complesso energetico nel quale il corpo è immerso, facendone parte e offrendone un riflesso nella propria struttura: un corpo in cui sono presenti le forze sovrannaturali, le divinità, che lo animano e lo legano al cosmo, un corpo che ha una struttura e una vita divino-umane, e che è, inoltre, un corpo yogico. »
(Padoux 2011, p. 95)
Letteralmente Yoga significa "unione"[9], qui fa riferimento all'unione di Kuṇḍalini con Śiva attraverso un viaggio di Kuṇḍalini stessa nel corpo dell'adepto, dal punto in cui giace come addormentata, alla base della colonna vertebrale, fino alla sommità del capo, dove si unisce appunto a Śiva, donando la beatitudine della liberazione.[10]
« Il corpo tantrico non è un corpo dato e che viene poi riscoperto, ma un corpo costruito con l'impegno derivante da pratiche dedicate, con un lavoro che dura anni e anni. »
(Flood, The tantric bodyOp. cit., p. 6[11])
La comprensione reale di questo corpo da parte di noi occidentali, prosegue Gavin Flood, di cosa esso realmente significhi e di come sia vissuto dal tāntrika, dei suoi rapporti col cosmo in ultima analisi, è impresa velleitaria. Il corpo tantrico è fondamentalmente un testo nel senso lato del termine, cioè uno strumento per concettualizzare l'universo, le divinità, la lingua sanscrita e il linguaggio, la tradizione scritta stessa: qualcosa che la cultura di massa moderna al di fuori della tradizione certo non può comprendere né rendere. La visione del corpo tantrico da parte della civiltà occidentale è cosa emblematica, e rappresenterebbe un argomento in sé.[12]
Gli elementi principali di questo corpo sono i "canali" (nāḍī), i "centri" o "ruote" (cakra), i "punti" (bindu), il soffio vitale (vāyu). Va subito detto che non esiste una fisiologia univoca per il corpo yogico: il numero, le caratteristiche e le funzioni dei suoi componenti variano da tradizione a tradizione, da testo a testo. È in questo corpo che Kuṇḍalinī vive e si muove.
La fisiologia più diffusa per il sistema di cakra e nāḍī è quella che deriva dalle tradizione tantrica che fa riferimento alla dea Kubjikā, la Dea gobba, tradizione attestatasi nell'XI secolo. In questa sono descritti sette cakra, collocati rispettivamente nelle zone del: perineo (mūlādhāracakra), genitali (svādhiṣṭhānacakra), plesso solare (maṇipuracakra), cuore (anāhatacakra), gola (viśuddhacakra), fronte (ājñācakra), sommità del capo (sahasrāracakra) Le nāḍī principali sono tre: una centrale, la suṣumnā, e due laterali: iḍā e piṅgalā.[13]
Kubjikā è raffigurata nell'apparenza di una vecchia donna incurvata dagli anni: kubjika significa "curva"; questa Dea è infatti associata con Kuṇḍalinī. La tradizione in oggetto è la cosiddetta tradizione kaula occidentale, originaria dell'Himalaya occidentale, e attestata con certezza nel XII secolo in Nepal, dove ancora sopravvive[14]. Il Kubjikāmata Tantra è il testo più antico nel quale si trova menzione del sistema dei sei cakra, quello attualmente più noto e diffuso: testi precedenti menzionano un numero differente di cakra variamente collocati nel corpo sottile.[15]

An A3 poster that details the 7 Chakras of the body with information about: Name Location Colour Emotion Endocrine gland Psychological Function Area Governed

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Il serpente


Statua di Esculapio presso il Teatro di Epidauro, Grecia. Esculapio era il dio della medicina; il serpente, attorcigliato attorno a un bastone, animale a lui sacro e simbolo di rinnovamento.
« Il serpente, temibile per il suo veleno, simboleggia tutte le forze malefiche; allo stesso modo la kuṇḍalinī, finché riposa inerte in noi, corrisponde alle nostre energie inconsce, oscure, allo stesso tempo avvelenate e velenose. Inversamente, queste stesse energie, risvegliate e dominate, diventano efficienti e conferiscono una potenza reale. »
(Silburn 1997, p. 39)
Simbolo ctonio, il serpente è il più usato per rappresentare la kuṇḍalini, associazione suggerita dagli stessi testi indiani appartenenti alla tradizione, come il sopra citato Tantrasadbhāva. In quanto abitatore del sottosuolo, questo animale simboleggia una forza occulta, misteriosa e pericolosa. Ma, come spesso avviene nel mito, le cose pericolose, quando conosciute, perdono quest'aspetto per svelarne un altro opposto, benefico. La kuṇḍalinī, quando riposa è come un serpente raccolto su sé stesso, pronto a scattare per mordere e così iniettare il suo veleno; ma quando è risvegliata è come il serpente dritto sulla punta della coda, rigido come un bastone, inoffensivo.[1]

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Questo simbolismo del serpente come energia cosmico-divina trova analogia in quello ravvisato nell'analisi di Carl Gustav Jung per l'energia psichica, la libido:
« Il serpente rappresenta la libido che si introverte. Attraverso l'introversione si viene fecondati da Dio, ispirati, ri-procreati e rigenerati »
(Carl Gustav Jung, La libido, simboli e trasformazioni, traduzione di Girolamo Mancuso, Newton, 2006 (1912), p. 331)
Fin dall'antichità, il serpente è stato considerato simbolo di trasformazione grazie alla sua capacità di mutare pelle, ed è stato associato al benessere fisico, spirituale e all'illuminazione. Il Bastone di Asclepio, simbolo della moderna medicina, e il Caduceo di Hermes, messaggero degli dèi (cioè mediatore fra l'umano e il divino), presentano rispettivamente uno e due serpenti che si avvolgono attorno ad un bastone. Quest'associazione fra bastone e serpente compare anche in altre narrazione mitologiche, come quella descritta nell'Antico Testamento:
« Il Signore gli disse: "Che hai in mano?". Rispose: "Un bastone". Riprese: "Gettalo a terra!". Lo gettò a terra e il bastone diventò un serpente, davanti al quale Mosè si mise a fuggire. Il Signore disse a Mosè: "Stendi la mano e prendilo per la coda!". Stese la mano, lo prese e diventò di nuovo un bastone nella sua mano. »
(Esodo, 4, 2-4)

Sculture in pietra rinvenute presso templi del Sud dell'India, che testimoniano la sopravvivenza, in epoca più recente, dell'antico culto dei serpenti
Il culto dei serpenti era, in India come altrove, diffuso già prima del V secolo p.e.v. I Nāga erano un popolo di esseri metà uomo metà serpente, depositari di un'antica conoscenza, e tuttora sopravvivono, presso alcuni templi indiani, raffigurazioni di questi esseri mitologici. Gli stessi Asura, una classe di dèi vedici erano raffigurati anche come dèi-serpente.[16]
« Il Veda è in realtà il sapere dei serpenti. »
(Śatapatha Brāhmaṇa, XIII, 4, 3, 9; citato in Alain DaniélouŚiva e Dioniso, traduzione di Augusto Menzio, Ubaldini Editore, 1980, p. 107)
Śiva è sempre raffigurato come ornato di serpenti; ma anche Viṣṇu è associato al serpente cosmico Śeṣa. L'iconografia canonica del filosofo buddhista Nāgārjuna lo vuole assorto in meditazione all'ombra di un serpente (nāgā) a una o più teste.
Nell'antica Creta il culto dei serpenti rivestiva un aspetto importante, e così pare anche in alcuni culti dionisiaci. Il serpente, come simbolo variamente significato, compare in molte altre civiltà e manifestazioni a carattere religioso, e a tutt'oggi se ne trovano ancora esempi, come nella festa di San Domenico di Sora in Abruzzo.[16]

La visione occidentale di Kuṇḍalini

In Occidente, l'immagine del serpente come simbolo della kuṇḍalini è molto diffusa e la si deve a Sir John Woodroffe, magistrato britannico presso la Corte suprema del Bengala e appassionato di tantrismo che, con lo pseudonimo di Arthur Avalon, pubblicò nel 1919 un testo sull'argomento[17] dal titolo Il potere del serpente. A lui si deve la diffusione di massa di questo fondamentale argomento delle tradizioni tantriche, così come di altri, quali i chakra: nel medesimo testo, infatti, egli presenta una parziale traduzione di due testi, lo Ṣatcakranirūpaṇa e il Pādukāpañcaka, il primo sul sistema dei sei chakra, il secondo sulla struttura a cinque strati del corpo tantrico. A lui va l'indiscusso merito di aver presentato questi argomenti alla cultura occidentale e di aver così suscitato interesse verso quell'insieme di variegati e controversi aspetti dell'induismo che, in occidente stesso, è stato etichettato come "tantrismo", termine inesistente nella cultura hindu.[18]
La decontestualizzazione di questi concetti, la kuṇḍalini e il suo risveglio, i chakra, il corpo sottile, ma anche i mantra e forse soprattutto le pratiche sessuali tipiche di alcune tradizioni tantriche, ha però creato, cosa inevitabile, una serie di fraintendimenti, favorendo di riflesso la diffusione di manipolazioni e letture personalizzate. La Società Teosofica prima[19] e i movimenti New Age poi, si sono appropriati dell'argomento kuṇḍalini, rivestendolo di aspetti impropri.
Ma la kuṇḍalini ha interessato anche studiosi quali lo psicoanalista Carl Jung[20], che ha cercato paralleli con la struttura e il funzionamento dell'inconscio, trovando corrispondenze dei suoi concetti di anima e animus con Kuṇḍalini e Śiva rispettivamente.[19]
Jung, che aveva letto il testo di Avalon nel 1930, seguito i seminari dell'indologo tedesco Wilhem Hauer sullo Yoga, e si era già espresso affermando di aver trovato interessanti corrispondenze fra la propria visione e quella dello Yoga stesso, ebbe però un atteggiamento ambivalente nei confronti della kuṇḍalinī, ravvisando, nelle tecniche di risveglio della stessa, il pericolo di essere sommersi dalle forze dell'inconscio, qualcosa che quindi si opponeva alla realizzazione della personalità. Interessante è la sua visione della disposizione anatomica dei cakra: il primo cakra, quello dove riposa Kuṇḍalinī, il mūlādhāra, dovrebbe essere situato in alto, e l'ultimo in basso.[21]


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Il risveglio della Kundalini


Disegno moderno che simbolizza il mūlādhāracakra, nel quale Kuṇḍalini riposa. Al centro, il mantra monosillabico (bījamantra) associato al cakra in scrittura devanagari: LAṂ, corrispondente all'elemento grosso "terra".
Come accennato, nelle tradizioni tantriche la liberazione dal ciclo delle rinascite è vista come il "risveglio" di Kundalini seguito dalla relativa ascesa (śat chakra bedhana) nel corpo sottile fino all'ultimo chakra, dove stabilmente deve permanere in unione con Śiva. In questo stadio l'adepto ha definitivamente abbandonato il suo ego individuale (ahmakara) per identificarsi col Soggetto universale (aham).[22]
Questo percorso è vissuto dall'adepto come "attivazione", "apertura" dei chakra interessati, che ordinariamente si trovano "inattivi", come "chiusi". Il simbolismo dei fiori di loto illustra bene questo meccanismo: i petali si dischiudono al passaggio di Kundalini e successivamente si richiudono, col risultato però di aver cambiato di stato.[23] Kundalini stessa subisce cambiamenti di stato: in alcuni testi si preferisce distinguere tre aspetti: śaktikuṇḍalinī ("energia arrotolata"), per indicare Kundalini che risiede inerte nel primo chakra, il mūlādhāracakraprāṇakuṇḍalinī ("energia dei soffi vitali"), per designare Kundalini che circola nel corpo sottile; parakuṇḍalinī ("energia assoluta"), Kundalini pronta per fondersi con Śiva nell'ultimo chakra (il dvādaśānta o il sahasrāracakra, a seconda dei testi).[24]
La prassi per il "risveglio" e la "risalita" di Kundalini segue strade differenti a seconda della tradizione e quindi dei testi adottati. L'indologa francese Lilian Silburn che si è occupata teoricamente e attivamente di questo argomento distingue fra i metodi che derivano dalle tradizioni del Kula e quelli molto più tardi che fanno capo a testi quali la Haṭhayoga Pradīpikā, la Gheraṇḍa Saṃhitā e la Śiva Saṃhitā (scritti all'incirca dopo il XV secolo). Questi ultimi prevedono un impegno continuo basato molto sul lavoro sul corpo fisico e sottile: stiamo parlando dello Hatha Yoga. I testi tantrici precedenti fanno invece riferimento a metodi che sono assimilabili alla mistica, metodi che coinvolgono la spiritualità intrinseca in elementi quali la parola, il pensiero, la consapevolezza, la meditazione.[25]

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La via dello Hatha Yoga


Disegno che raffigura una tecnica di respirazione a narici alternate, tipica dello Hatha Yoga per la "pulizia" delle nāḍī
La manipolazione di Kundalini non è possibile se prima non si è provveduto a purificare il sistema dei canali energetici del corpo sottile, le nāḍī. A tale scopo l'adepto deve preliminarmente dedicarsi a operazioni finalizzate a tale scopo, le nāḍīśodhana. Queste prevedono posizioni specifiche (āsana) accompagnate da tecniche di respirazione controllata e recitazioni di mantra. Va evidenziato che i risultati non sono affatto subito evidenti: il praticante vi si dovrà dedicare quotidianamente per diversi mesi. Stante alla Śiva Saṃhitā, al termine il corpo fisico si presenterà più armonioso, profumato, dotato di una voce ben risonante.[26]
Sono tre le nāḍī principali: suṣumṇāiḍā e piṅgalā: queste ultime sono come avvolte attorno alla prima, che invece è dritta, ergendosi dalla zona del perineo fino al cranio.[27] La suṣumṇā è la via maestra di risalita di Kundalini: le tecniche di purificazione hanno anche e soprattutto lo scopo di evitare che Kundalini risalga seguendo iḍā e piṅgalā. Infatti è anche possibile che Kundalini si risvegli e risalga in modo anomalo, come nel caso precedente, o anche spontaneamente: queste occasioni non conducono alla liberazione, anzi possono causare problemi.[28] Così un maestro del XIV sec.:
« Kundalini può dare la liberazione agli yogi, ma incatenare gli ignoranti. »
(Svatmarama; citato in Feuerstein 1998, p. 169)

Le vie dello Shivaismo del Kashmir

In quel sistema teologico-filosofico successivamente etichettato come Shivaismo del Kashmir sono descritti altri metodi per manipolare la kundalini e quindi ottenere la liberazione in vita. L'indologa Lilian Silburn elenca i seguenti metodi: distruzione del pensiero dualizzante; interruzione del soffio; frullamento dei soffi; contemplazione delle estremità; espansione della via mediana. A questi vanno considerati aggiunti metodi di intervento "esterni", quali la cosiddetta "pratica del bastone" e l'iniziazione mediante penetrazione.[29]

Note

  1. ^ a b Silburn 1997.
  2. ^
    « Il soffio ascendente esce, il soffio discendente entra, di sua propria volontà, in forma sinuosa. La Grande Dea si estende dappertutto, Suprema-Infima, supremo luogo sacro. »
    (Vijñānabhairava Tantra, 152; in Vijñānabhairava. La conoscenza del tremendo, traduzione e commento di Attilia Sironi, introduzione di Raniero Gnoli, Adelphi, 2002.)
    "Con l'espressione «forma sinuosa» si allude alla kuṇḍalinī": nota di Raniero Gnoli, p. 119, cit.
  3. ^ Così l'indologo David Gordon White; cfr.: Flood, The tantric bodyOp. cit., p. 160 e segg.
  4. ^ Flood, L'induismoOp. cit., p. 227.
  5. ^ Così appunto traduce Raffaele Torella nel testo citato.
  6. ^ Così è tradotto in David Gordon White, Il corpo alchemico, traduzione di Pasquale Faccia, edizioni Mediterranee, 2003, p. 277. Anche Lilian Silburn traduce così (Silburn 1977, cit., p. 181).
  7. ^ Padoux 2011, p. 97.
  8. ^ In lingua inglese è subtle body.
  9. ^ Mircea EliadeLo Yoga. Immortalità e libertà. Milano, Rizzoli, 1997, p. 20.
  10. ^ Flood, L'induismoOp. cit., p. 218 e segg.
  11. ^ «The tantric body is not a given that is discovered but a process that is constructed through dedicated effort over years of practice.»
  12. ^ Flood, The tantric bodyOp. cit., p. 5 e segg.
  13. ^ Flood, L'induismoOp. cit., p. 134.
  14. ^ Padoux 2011, p. 79.
  15. ^ Flood, L'induismoOp. cit., pp. 253-254.
  16. ^ a b Alain DaniélouŚiva e Dioniso, traduzione di Augusto Menzio, Ubaldini Editore, 1980, p. 106 e segg.
  17. ^ Arthur Avalon, The Serpent Power, London, Luzak & Co, 1919.
  18. ^ Padoux 2011, pp. 225-226.
  19. ^ a b Robert Beér, The Encyclopedia of Tibetan Symbols and Motifs, Serindia Publications, 2004, p. 134.
  20. ^ Vedi: La psicologia del Kundalini-Yoga, seminario tenuto nel 1932, a cura di Sonu Shamdasani, edizione italiana a cura di Luciano Perez, Torino, Bollati Boringhieri, 2004.
  21. ^ «In the East the unconscious is above, while with us is below, so we can reverse the whole thing». Citato in Ronald Hayman, A Life of Jung, Bloomsbury Publishing, 2002 (1999), p. 301 e segg.
  22. ^ Feuerstein 1998, p. 183.
  23. ^ Feuerstein 1998, pp. 181-182.
  24. ^ Silburn 1977, pp. 47-52 e p. 27.
  25. ^ Silburn 1977, p. 69.
  26. ^ Feuerstein 1998, p. 166 e segg.
  27. ^ Va sempre rammentato che queste sono descrizioni di componenti anatomici del corpo sottile, non grossolano, un corpo che il praticante crea visualizandolo all'interno del corpo grossolano.
  28. ^ Feuerstein 1998, p. 166 e p. 169.
  29. ^ Silburn 1977.

Bibliografia

  • Georg FeuersteinTantra. The Path of Ecstasy, Shambhala publications, 1998.
  • Gavin FloodL'induismo, traduzione di Mimma Congedo, Einaudi, 2006.
  • Gavin Flood, The tantric body, Tauris & Co., 2006.
  • André PadouxTantra, a cura di Raffaele Torella, traduzione di Carmela Mastrangelo, Einaudi, 2011.
  • Lilian SilburnLa kuṇḍalinī o L'energia del profondo, traduzione di Francesco Sferra, Adelphi, 1997.

Voci correlate